Il diritto all’oblio rappresenta una tutela fondamentale del diritto alla privacy e alla reputazione individuale. Esso consiste nella possibilità di ottenere la rimozione di informazioni personali, in particolar modo dai motori di ricerca come Google, quando queste non risultano più rilevanti, pertinenti o aggiornate. La nascita del diritto all’oblio per cancellare notizie da internet è strettamente legata all’evoluzione del trattamento dei dati personali online e al bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto di cronaca. Nel contesto giuridico europeo, il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) ha fornito una base normativa solida per questo diritto, consolidata anche da importanti sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE).

Il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) disciplina il diritto all’oblio all’articolo 17, intitolato “Diritto alla cancellazione (‘diritto all’oblio’)”. In sintesi, esso garantisce agli interessati il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati personali da parte del titolare del trattamento, a condizione che sussistano determinati presupposti, quali:

  • I dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati.
  • L’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento.
  • I dati sono stati trattati illecitamente.
  • L’interessato si oppone al trattamento e non sussistono motivi legittimi prevalenti.

In Italia, il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. 101/2018) recepisce il GDPR e specifica ulteriormente le modalità di esercizio di tale diritto, in particolare attraverso il Garante per la protezione dei dati personali.

Sentenze rilevanti

La giurisprudenza europea e italiana ha avuto un ruolo cruciale nel definire i contorni del diritto all’oblio, soprattutto nei confronti di Google. Tra le principali pronunce si segnalano:

Sentenza Google Spain del 13 maggio 2014 (C-131/12) La CGUE ha stabilito che Google, come motore di ricerca, è un titolare del trattamento dei dati e può essere obbligato a rimuovere dai risultati di ricerca i link a informazioni che riguardano una persona, qualora tali informazioni risultino obsolete o non più rilevanti. La Corte ha sottolineato il primato del diritto alla privacy e alla reputazione personale rispetto all’interesse del pubblico all’informazione, salvo casi eccezionali in cui si nega la rimozione di informazioni personali da Google.

Sentenza CGUE del 24 settembre 2019 (C-507/17) La Corte ha chiarito che il diritto all’oblio deve essere applicato solo all’interno dei confini dell’Unione Europea. I motori di ricerca non sono obbligati a rimuovere i link a livello globale, ma solo per gli utenti che accedono ai domini europei.

Sentenze del Garante Privacy Italiano Diversi provvedimenti del Garante Privacy italiano hanno riconosciuto il diritto degli interessati a ottenere la deindicizzazione di link da Google. Ad esempio, il provvedimento n. 557 del 2021 ha sottolineato che i dati obsoleti riguardanti un procedimento penale chiuso con archiviazione non possono essere ulteriormente visibili nei motori di ricerca.

Sentenza Cassazione Civile n. 9147/2020 La Suprema Corte italiana ha ribadito che il diritto all’oblio non è assoluto e deve essere bilanciato con altri diritti costituzionalmente rilevanti, come il diritto all’informazione. Tuttavia, è stato affermato che il trascorrere del tempo riduce progressivamente la rilevanza di notizie legate a fatti di cronaca.

Come esercitare il diritto all’oblio su Google

Per richiedere la rimozione di contenuti dai risultati di ricerca di Google, gli interessati devono compilare uno specifico modulo disponibile online sul sito del motore di ricerca. La richiesta deve includere:

  • I link da rimuovere.
  • Una motivazione che evidenzi l’irrilevanza, l’obsolescenza o la lesività dei contenuti.
  • Eventuali documenti di supporto, come sentenze o provvedimenti che confermino la legittimità della richiesta.

Google, in qualità di titolare del trattamento, esaminerà la domanda e deciderà se rimuovere i contenuti o rigettare la richiesta, fornendo una motivazione. In caso di rigetto, è possibile rivolgersi al Garante Privacy o adire le vie giudiziarie.

Il diritto all’oblio rappresenta un importante strumento per tutelare la dignità e la reputazione delle persone nell’era digitale. Tuttavia, il suo esercizio richiede un bilanciamento delicato con il diritto all’informazione, che resta un pilastro delle società democratiche. La normativa europea per cancellare notizie da internet e la giurisprudenza hanno fornito indicazioni precise su come questo diritto debba essere garantito, offrendo agli individui una protezione sempre più efficace contro la permanenza di informazioni obsolete o lesive sul web. Puoi contattare società specializzate come Cyber Lex per ricevere assistenza alla rimozione di notizie dal web.

Il diritto all’oblio rappresenta una tutela fondamentale del diritto alla privacy e alla reputazione individuale. Esso consiste nella possibilità di ottenere la rimozione di informazioni personali, in particolar modo dai motori di ricerca come Google, quando queste non risultano più rilevanti, pertinenti o aggiornate. La nascita del diritto all’oblio per cancellare notizie da internet è strettamente legata all’evoluzione del trattamento dei dati personali online e al bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto di cronaca. Nel contesto giuridico europeo, il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) ha fornito una base normativa solida per questo diritto, consolidata anche da importanti sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE).

Il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) disciplina il diritto all’oblio all’articolo 17, intitolato “Diritto alla cancellazione (‘diritto all’oblio’)”. In sintesi, esso garantisce agli interessati il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati personali da parte del titolare del trattamento, a condizione che sussistano determinati presupposti, quali:

  • I dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati.
  • L’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento.
  • I dati sono stati trattati illecitamente.
  • L’interessato si oppone al trattamento e non sussistono motivi legittimi prevalenti.

In Italia, il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. 101/2018) recepisce il GDPR e specifica ulteriormente le modalità di esercizio di tale diritto, in particolare attraverso il Garante per la protezione dei dati personali.

Sentenze rilevanti

La giurisprudenza europea e italiana ha avuto un ruolo cruciale nel definire i contorni del diritto all’oblio, soprattutto nei confronti di Google. Tra le principali pronunce si segnalano:

Sentenza Google Spain del 13 maggio 2014 (C-131/12) La CGUE ha stabilito che Google, come motore di ricerca, è un titolare del trattamento dei dati e può essere obbligato a rimuovere dai risultati di ricerca i link a informazioni che riguardano una persona, qualora tali informazioni risultino obsolete o non più rilevanti. La Corte ha sottolineato il primato del diritto alla privacy e alla reputazione personale rispetto all’interesse del pubblico all’informazione, salvo casi eccezionali in cui si nega la rimozione di informazioni personali da Google.

Sentenza CGUE del 24 settembre 2019 (C-507/17) La Corte ha chiarito che il diritto all’oblio deve essere applicato solo all’interno dei confini dell’Unione Europea. I motori di ricerca non sono obbligati a rimuovere i link a livello globale, ma solo per gli utenti che accedono ai domini europei.

Sentenze del Garante Privacy Italiano Diversi provvedimenti del Garante Privacy italiano hanno riconosciuto il diritto degli interessati a ottenere la deindicizzazione di link da Google. Ad esempio, il provvedimento n. 557 del 2021 ha sottolineato che i dati obsoleti riguardanti un procedimento penale chiuso con archiviazione non possono essere ulteriormente visibili nei motori di ricerca.

Sentenza Cassazione Civile n. 9147/2020 La Suprema Corte italiana ha ribadito che il diritto all’oblio non è assoluto e deve essere bilanciato con altri diritti costituzionalmente rilevanti, come il diritto all’informazione. Tuttavia, è stato affermato che il trascorrere del tempo riduce progressivamente la rilevanza di notizie legate a fatti di cronaca.

Come esercitare il diritto all’oblio su Google

Per richiedere la rimozione di contenuti dai risultati di ricerca di Google, gli interessati devono compilare uno specifico modulo disponibile online sul sito del motore di ricerca. La richiesta deve includere:

  • I link da rimuovere.
  • Una motivazione che evidenzi l’irrilevanza, l’obsolescenza o la lesività dei contenuti.
  • Eventuali documenti di supporto, come sentenze o provvedimenti che confermino la legittimità della richiesta.

Google, in qualità di titolare del trattamento, esaminerà la domanda e deciderà se rimuovere i contenuti o rigettare la richiesta, fornendo una motivazione. In caso di rigetto, è possibile rivolgersi al Garante Privacy o adire le vie giudiziarie.

Il diritto all’oblio rappresenta un importante strumento per tutelare la dignità e la reputazione delle persone nell’era digitale. Tuttavia, il suo esercizio richiede un bilanciamento delicato con il diritto all’informazione, che resta un pilastro delle società democratiche. La normativa europea per cancellare notizie da internet e la giurisprudenza hanno fornito indicazioni precise su come questo diritto debba essere garantito, offrendo agli individui una protezione sempre più efficace contro la permanenza di informazioni obsolete o lesive sul web. Puoi contattare società specializzate come Cyber Lex per ricevere assistenza alla rimozione di notizie dal web.

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